Viktor Frankl: il senso della vita

Per atterrare nella piana del realismo occorre decollare dalle più alte cime dell’idealità. Viktor Frankl, il fondatore della logoterapia (letteralmente la cura attraverso la ricerca del senso) ce lo dice con il linguaggio dell’ironia e, mentre parla, il suo entusiasmo travolge. Lui, che sopravvisse ai campi di sterminio perché fu capace di opporre all’orrore più cupo la fede in una tensione radicale, volta a trovare qualcosa che desse significato alla vita, ci sprona a sovrastimare l’essere umano. Vuole che idealizziamo l’Uomo, ogni uomo. E non certo per consegnarlo al delirio di onnipotenza, bensì per sanare la sua frustrazione – quella che nasce da un vuoto di significato – e trasformarla nella forza di far fiorire, ognuno come sa e come può, la propria intima bellezza. Lo psicologo scampato ai lager ci chiede di cogliere la sete di senso che si nasconde in ogni creatura ferita, in ogni esistenza deragliata, nel criminale incallito come nel giovane sfiduciato. Non è questo in fondo il più potente combustibile della relazione d’aiuto, quando riesce a essere davvero efficace? L’amore di cui parla Borges, che ci fa vedere gli altri come li vede la divinità.

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