Come si spiega la frequenza con cui persone insospettabili si rendono responsabili di sorprendenti malvagità
«Anche lui! Ma chi lo avrebbe detto, che un uomo impegnato, attivo sul fronte dei diritti umani potesse arrivare a rapire un bambino! L’altro no, l’altro me lo aspettavo, che schiavizzasse le figlie, con quella faccia… Non è quello che nella serie tv fa la parte del potente ? Si sa che il potere prima o poi induce in certi tipi di tentazioni. Poi in cronaca nera c’è finito anche quello psicologo , perito forense, insegnante universitario stimato e riverito che… beh il controllo lo perdiamo tutti prima o poi ma arrivare a uccidere, il fratello…»
È inquietante la frequenza con cui le pagine di cronaca ci propongono casi di persone ritenute da tutti “normali” che a un certo punto si rendono capaci di inspiegabili malvagità.
In uno strano cortocircuito della mente mi ritorna alla memoria un film che mi è capitato di vedere e rivedere decine di volte, un film di fantascienza della saga di Star Wars.
Durante il suo percorso di crescita per diventare Cavaliere Jedi, Luke Skywalker cerca di capire le radici del suo nemico di sempre, il Lato Oscuro della Forza, incarnato da Lord Vader, spietato Cavaliere Nero che indossa un casco da soldato nazista del futuro.
Durante una meditazione egli riesce a penetrare nel lato oscuro fino ad avvicinarsi così tanto al nemico da poterne scorgere il volto. In questo stato di trance onirica Luke scopre con orrore che il volto nascosto dietro il casco nero è quello di Anakin Skywalker, suo padre.
Il genio visionario di George Lucas ci mostra dunque in un remoto futuro la più antica delle verità, la più irricevibile, la più scandalosa:
il male, il lato oscuro, ci appartiene da sempre, arriva da dentro e da lontano, addirittura può essere parte generativa di noi stessi.
Tutta la lotta del giovane cavaliere contro il male altro non è che lo sforzo disperato di controllare una parte di se stesso, di tenere sotto controllo la bestia, il lato distruttivo, incomprensibilmente esiziale.
Mi chiedo se, alla luce di questa scomoda consapevolezza, non debba in qualche modo cambiare l’atteggiamento dei cosiddetti “buoni” nei confronti di chi cade vittima del proprio “lato oscuro”. Soprattutto mi chiedo se chi è incaricato per mestiere di sondare luci e ombre dell’animo umano, noi psicologi per esempio, non dobbiamo moltiplicare gli sforzi per comprendere e per aiutare a comprendere.
Comprendere è un’operazione complessa; diverso dal capire, che è solo un atto della ragione. Comprendere nel senso etimologico vuole dire portare dentro di noi la cosa, farci i conti in termini emotivi, sospendere il giudizio, aiutare noi e gli altri a vedere ciò che accade fuori come qualcosa che potrebbe accadere dentro, qualcosa che anche noi potenzialmente potremmo compiere.
Comprendere vuol dire proprio questo, metterci in contatto con quella parte di noi che non riconosciamo, che non sappiamo di avere, che tutta la vita ci illudiamo di riuscire a nascondere per poterla controllare.
Se comprendiamo, accettiamo come nostra anche la parte meno “politically correct”, integriamo il Lato Oscuro, lo depotenziamo, lo trasformiamo in piccole disattenzioni, piccoli dispetti, piccole grandi gaffes sostanzialmente innocue.
Il senso profondo del nostro lavoro dunque è proprio questo: aiutare gli altri a comprendere, a togliersi la maschera della criminologa inutilmente bionda che spiega quante coltellate il mostro ha dato alla propria vittima e smettere i panni del vecchio saggio psichiatra che quando spiega quanto il mondo va male sembra parlare più che altro della propria depressione.
Non siamo solo osservatori cinici del male, non siamo solo chiacchiere e pensieri torvi, in fondo siamo persone che vantano una maggiore consapevolezza e allora abbiamo il dovere di usarla, con umiltà, rigore e sobrietà. Il mondo che abitiamo e che con fatica cerchiamo di capire è abitato nella maggior parte da persone imperfette che, gestendo con consapevolezza le proprie imperfezioni, si vaccinano contro le imboscate del proprio Lato Oscuro.
®️già pubblicato su: www.fuoritestata.it