“Se non sono abbastanza nero, e non sono abbastanza bianco, e non sono abbastanza uomo, allora dimmi chi diavolo sono io?”. E’ in questa domanda l’essenza della tragedia umana di Don Shirley, il pianista di colore, protagonista di questo intenso Green Book. Allontanarsi dalle proprie radici, nel tentativo di sfuggire al pregiudizio, alla presunta colpa di essere diverso e ritrovarsi nella torre eburnea della solitudine, alla ricerca della propria identità.
Quando ha inizio il viaggio di Shirley, uomo elegante, colto e raffinato, il suo angelo custode è un uomo rozzo, un po’ ignorante, dotato di pugni e pistola. A ricordarci forse che non siamo soli, ma che occorre sporcarsi un po’; che la vita vissuta non può sfuggire e rinchiudersi; e che l’amore – così come l’empatia – hanno bisogno non della perfezione d’avorio, ma di un pollo fritto da condividere, anche se l’inconveniente è ungersi le mani.