“La coppia perfetta: un po’ di proibizione e molto gioco”. Citiamo Roland Barthes in uno dei suoi Frammenti di un discorso amoroso per commentare questo video, che racconta la nascita di un amore e la sua ultima stagione, con il gioco a fare da collante tra la prima e l’ultima scena. All’inizio il gioco si insinua in una parola – “imbroglione” – bisbigliata all’orecchio di un uomo anziano e fragile. Poi arriva il flashback, che riporta l’uomo e la sua compagna di vita indietro nel tempo. Qui, i protagonisti sono ragazzini e il gioco si traveste da scherzo: è la provocazione di chi non prende sul serioLeggi altro →

“Se volete un lavoro ben fatto in tempi celeri e in modo organizzato, incaricate del compito il collaboratore con il più alto carico di lavoro”, cosi Camillo Benso Conte di Cavour nei suoi diari in merito alla ristrutturazione di quella che sarebbe poi diventata la pubblica amministrazione. Certo a leggerlo sembra essere un pensiero paradossale nel senso etimologico, ovvero che sovverte il pensiero comune (doxa).  Come può la persona più affaccendata ed occupata essere la più indicata? Il “tessitore” (così lo chiamavano) invece propone uno sguardo più attento, la persona che da sempre lavora molto, innanzitutto esprime passione ed interesse per quello che fa, ovveroLeggi altro →

E’ la dimensione passiva del sentire che apre alla possibilità di instaurare una vera relazione  Il linguaggio mi ha sempre affascinato, la heidegeriana “dimora dell’essere” mi ha sempre attratto, come se ci fosse sempre qualcosa che sfugge, qualcosa che non si riesce bene a spiegare. Questo sottrarsi continuo, questo saper attrarre e distrarre aprendo un caleidoscopio di  significati, da una lato ci lascia spesso frustrati ma, se abbiamo l’ardire e l’ardore di andare oltre, ci permette di accedere ad altri mondi, altri significati, altre dimore.  In fondo il nostro lavoro di “psico-qualcosa” consiste proprio in questo, nel cercare di entrare nel linguaggio dell’altro; ogni termine èLeggi altro →

Fare un passo indietro, lasciare un ruolo professionale o sociale, e godersi l’atterraggio… Felicità, dea sfuggente, inafferrabile, presenza sempre temporanea: vi proponiamo il secondo contributo sul tema, dopo l’articolo del nostro amico Juaquin Otuvas. E noi che pensiamo la felicità come un’ascesa, avremmo l’emozione che quasi ci smarrisce di quando cosa ch’è felice, cade.” (Rainer Maria Rilke)  Molto prima che Fuori Testata chiedesse contributi sulla felicità avevo scelto la chiusa della X Elegia di Rilke come commento (più eretico che poetico, ahimé) al mio profilo di WhatsApp. Povero Rilke: lui opponeva il sussurro della lirica al fragore della tecnica e io saccheggio i versi del suo capolavoro per incastrarli inLeggi altro →

Può un algoritmo arrivare a creare un rapporto profondo ed emozionale? Forse è solo una questione di tempo Sono una counselor libera professionista: posso forse, al giorno d’oggi, fare a meno di un profilo Instagram? Nonostante il mio animo riservato, ci provo e ne apro uno. Tuttavia fin da subito mi sento inadeguata.  Mi chiedo: io, che per lavoro costruisco relazioni di intimità e fiducia, come posso lavorare nel salotto del gossip, dell’amicizia catturata con un click, del commento istantaneo, dei cuoricini e dei pollici alti? Insomma: è possibile su Instagram creare relazioni intime, curate, “calde”, quelle che piacciono a me? Mi viene allora in menteLeggi altro →

Dedicato a quelli che vogliono ridurre alla ragione tutto ciò che è animale ed emotivo in noi…  Avvertenza: è consigliabile la lettura di questo brano praticando una sistematica disattenzione anche incoraggiata dall’assunzione non molto misurata di alcolici che possano ottundere a sufficienza la vista precisa e razionale. In ogni caso non si tratta di una cosa seria.   “Voglio solo capire il perché! Questo mi basta” Quante volte ho sentito queste parole e tutte le volte, davvero tutte le volte, mi viene l’associazione con la canzone di De Gregori: “… e non c’è niente da capire…” La prima cosa che sentiamo tutte le volte che laLeggi altro →

Più che educare, la scuola del sospetto, del controllo e dell’umiliazione spegne la coscienza critica Aula scolastica in presenza, mese di ottobre. Una mia paziente, mi racconta un episodio che l’ha molto commossa. La figlia prende un 4 in matematica. Fa seconda media e da qualche tempo è in difficoltà. La mamma scopre il voto prima che la figlia rientri a casa, guardando il registro elettronico. Mentre pensa a come accoglierla e a cosa dirle, la mente torna alla sua totale incompetenza in materia e viene assalita dall’ansia che, come lei, anche la figlia possa iniziare a odiare la matematica, ritenendola incomprensibile e ostica. AppenaLeggi altro →