La civiltà nasce dunque dal momento in cui pensiamo abbia un senso prenderci cura del più fragile, sia esso bambino, anziano, malato nel corpo o nella mente Un femore rotto, un femore rotto e poi guarito… Questo, parola di Margaret Mead, “è stato il primo segno di civiltà, di comunità”. Gli studenti intono a lei la guardavano con stupore, cosa c’entra poi un osso della gamba con la civiltà, con l’essere una comunità? Fatto è che se lo stare insieme non è dotato di significati, se non abbiamo ancora la capacità diproteggere il più fragile, un femore rotto è morte sicura. La persona impossibilitata aLeggi altro →

Il cuore dell’insegnamento di Jung, secondo Umberto Galimberti, è nel concetto di individuazione. Ci sembra suggestivo l’esito che se ne trae: lo scopo dell’analisi non è tanto guarire da un disagio, quanto nascere a se stessi. Questo viraggio dal negativo (la terapia come cura per rimarginare uno strappo) al positivo (la terapia come via per l’autorealizzazione) sposta l’accento dal passato al presente e al futuro. Nel passato è più facile immaginarci statici e distribuire a terzi pesi e colpe. Nell’oggi, che è premessa per il tempo a venire, le nostre scelte conservano il potere di incidere sul reale e di far sbocciare – oppure avvizzire – quello per cui ciascuno di noi è al mondo. Qui cadono le scuse.Leggi altro →

Nel commento a un passo dantesco, Franco Nembrini propone una riflessione sull’amore che per una volta mette d’accordo ragione e sentimento. Chiunque di noi può accedere, pescando nella propria memoria emozionale, all’incanto dell’innamoramentoe forse cogliervi quegli accenti che Nembrini con Dante avvicina all’esperienza mistica. Ancora di più, però, ci colpiscel’accostamento tra il voler bene e il cooperare affiché la persona che amiamo compia il proprio desiderio, ossia realizzi il suo essere. Questo è ciò che dovrebbe muoverci nella relazione d’aiuto. Oltre la presunzione di sapere quale sia il bene dell’altro. Leggi altro →

Cosa ci spaventa della morte? Qual è il movente segreto che l’ha condannata all’ostracismo nella nostra cultura e nella nostra contemporaneità? Secondo Emanuele Severino, la morte è vittima di un grande inganno, che nasconde altre possibilità di lettura. Il richiamo del filosofo può apparire incompatibile con il razionalismo più spinto o con certe visioni celebrative della materia, che in fondo ci rassicurano, perché ciò che vediamo, tocchiamo e manipoliamo è in qualche modo sotto il nostro controllo. Eppure anche certe frontiere della scienza non possono escludere che la morte non sia la fine. Leggi altro →