I nuovi quiz con premi milionari mettono in mostra imbarazzanti abissi di analfabetismo culturale, frutto della civiltà del clic
«Monti o fiumi: per 150.000 euro, l’Adamello che cosa è?»
Sudore, gambe che si muovono spasmodicamente, unghie mangiucchiate… «Fiume!»
Peccato, 150.000 euro servirebbero anche a me, ma io non sono ospite al quizzone di prima serata.
Non che vincere tanti soldi sia un merito culturale o che vada necessariamente abbinato a particolari qualità, quello che colpisce però da un lato è la facilità con la quale apparentemente si vince e dall’altro il fatto che certi passi falsi, diciamolo pure certe vaccate, a proferirle sono persone giovani spesso tutt’altro che sprovviste di pedigree scolastico.
Potremmo quindi dire che abbiamo abbattuto un’altra barriera, finalmente siamo approdati a un livello di sapere, ossia di ignoranza, che può raggiungere davvero tutti.
Il primo a cadere è stato il sapere di cultura, la capacità di farsi un’opinione, di collegare i fatti e le idee del mondo; troppo faticoso, troppo lento lavoro di pensiero, troppo poco vendibile nell’accelerazione quotidiana verso il nulla.
Il secondo a cadere sotto il fuoco incrociato di quiz che non convincevano più perché troppo selettivi, troppo specialistici, è stato il nozionismo.
Dapprima sembrava scandaloso esibire come intelligenza la memoria delle nozioni, sembrava iperuranico essere guardati con ammirazione e un pizzico di invidia perché si sapevano decifrare le sigle delle targhe delle macchine, il numero degli abitanti di Ulan Bator…
Poi anche questa misurazione della cultura e dell’intelligenza è sembrata obsoleta e da sostituire velocemente; allora, in nome del nevrotico panta rei, abbiamo fatto un altro passo avanti.
Ora l’informazione è a portata di pollice, palmare, basta un click: siamo approdati finalmente al wikismo, che come un virus è entrato in ognuno di noi e ci ha velocemente posseduti.
Il wikismo si configura come un movimento politico nel senso etimologico, ovvero come caratteristico di chi appartiene alla digi-polis; ci fa sentire forti, dotti, competenti…
Probabilmente la superficie del pollice è divenuta con l’evoluzione una membrana osmotica che permette il trasfondere diretto del sapere, un sapere per l’appunto superficiale, che dura lo spazio di un clic e scompare altrettanto velocemente, lasciando però pericolose tracce di supponenza.
Si trova tutto in un attimo, già pronto per l’uso, e si evita così la digestione, operazione troppo lenta e a volte maleodorante…
Allora prendiamo decisioni di vitale importanza scambiando l’essere informati con l’essere competenti, l’avere un opinione con il prendere una decisione razionale.
«Io sono contro le vaccinazioni…. La mozzarella contiene diossina, anche quella bianca, non solo quella blu… Io mi nutro di luce ed energia cosmica…». Poco importa che in questo processo siano sacrificate
le cosiddette nozioni di base, alimento indispensabile per il cervello.
Come la rana che troppo lentamente fa i conti con la temperatura dell’acqua della pentola che sale e sale, ridendo e scherzando evaporeremo, sicuri ed ebbri, trasformando la liquidità del nostro essere sociali, per dirla con Baumann, in una ancor meno consistente società gassosa.
®️già pubblicato su: www.fuoritestata.it
Il fenomeno è stato già notato da alcuni( non troppi mi pare) commentatori. Non ci si fida e non ci si rivolge nemmeno più allo specialista del caso …. meglio sicuramente quello che si trova e si legge su internet ,pronto ,velocr,comprensibile soprattutto frutto dello scambio fra non addetti ai lavori, dello scambio pero’ tra persone come noi, proprio come noi , al nostro stesso livello, che ci sono passate ! Le persone sopra il nostro livello non contano! Presunzione e considerare i pari più competenti degli specialisti…forse abbiamo esaltato il contributo dei pari in alcuni settori? Non sappiamo più ascoltare con pazienza i più competenti di noi? Esperienza passate di delusione e di errori da parte degli specialisti?…. maggiore credito al pari che ci è già passato piuttosto che a chi ha dedicato anni di studio all’argomento. Ma gli anni di studio non contano più nulla nella nostra società? sembrerebbe! ( vedi in generale come è considerato oggi lo studio e vedi gli abbandoni scolastici e i pochi laureati che ci caratterizzano ) , salvo quando siamo di fronte ad una malattia non più di poco o medio conto, ma di fronte ad una malattia molto grave , allora cerchiamo il massimo esperto e non ci accontentiamo nemmeno di chi ha studiato sempre, con serietà e dedizione. Emanuela