L’intelligenza artificiale è più umana di quel che sembra

Un’illustrazione a due colori, rosa e azzurro, che raffigura una testa umana di profilo, col naso a destra e la nuca a sinistra, con un effetto grafico che la fa apparire come fosse composta da tanti strati di piccoli cubi, un po' come se fosse stata stampata da una stampante 3d.

10/07/2024

I chatbot di IA prenderanno il posto degli essere umani? Lo scenario appare spaventoso, ma è davvero questa la domanda da porsi di fronte agli sviluppi dell’intelligenza artificiale?

«Sai scrivere una poesia nello stile di Montale?». «Certamente!», mi risponde ChatGPT, e mi scrive una poesia, ahimè scadente, che riecheggia il Maestro. Allora rilancio: «Mi riscrivi la stessa poesia nello stile di Szymborska?». «Certamente!», e tre secondi dopo la poesia è la stessa ma, per esempio, al posto del sostantivo «malinconia» trovo «curiosità». «Be’», la rimprovero, «ma la poetessa è molto più ironica di così». «Hai ragione!», mi risponde la chat intelligente, e, dopo soli tre secondi, mi rimanda la stessa poesia, aggiungendo a un certo punto il verso «tra il serio e il faceto». «Furbacchiona!», penso tra me, ma se glielo scrivessi mi risponderebbe… «hai ragione!».

Ironia, poesia (e, aggiungo: corpo, esperienza): l’umano surclassa la macchina. Infatti, nonostante i chatbot di IA siano programmati per imparare dall’uomo, a tre livelli di profondità, non riescono a scherzare con lui (provare per credere). Se ascoltiamo Jacopo Cirillo, esperto di fatti comici, questo accade perché l’umorismo è «una combinazione di wit e wisdom, arguzia e saggezza. La saggezza di conoscere il mondo e lo spirito adatto per avere a che fare con le persone». Dove però la saggezza non è avere molte nozioni, ma sapere come va il mondo, riuscire così bene a comprendere i contesti, le relazioni con l’altro, da poter cambiare con una battuta le regole a tutti note.

Per la poesia è un’altra storia, ma abbastanza similare: a me pare che per scriverla, oltre alle regole di scrittura poetica, occorra lo scarto, ossia quel guizzo tale per cui possano stare insieme parole apparentemente lontane fra loro e la personale esperienza di chi scrive (la carne, il vissuto, la relazione con il mondo). Non solo: esattamente come per la comicità, la poesia richiede, perché possa essere davvero chiamata così, l’interazione con un io che ascolti, condividendolo o meno, proprio quello scarto. Entrambe necessitano, insomma, dell’esperienza intersoggettiva.

(Per inciso: nonostante si inizi a dire che i chatbot di IA sono in grado di comportarsi da eccellenti psicologi, mi piace pensare che lo scarto appartenga anche a quelli che svolgono questo tipo di professione).

Eppure l’IA ci preoccupa, e, certamente, alcuni suoi aspetti colpiscono la nostra attenzione. Il 28 marzo scorso, per citarne uno fra tutti, ha fatto il giro del mondo un’immagine di Papa Francesco con indosso un piumino di Balenciaga. Difficile valutarne la veridicità così su due piedi, tanto l’immagine appariva realistica. «Guai in vista!», tuonano dal «Time» newyorkese. Quello che pare un banale scherzo da buontemponi ci interroga, infatti, sulle possibilità più che tangibili di disinformazione virale, attacco ai valori, manipolazione di opinioni e vissuti, minacce al senso critico.

Non si può negare, io credo, che questo rischio ci sia e che richieda un’urgente regolamentazione.

Ma il pericolo insito nella distinzione tra vero e falso non è sempre appartenuto ai fatti umani? Nulla di nuovo sotto il sole, insomma: allo stato attuale, a me pare che l’IA non possa che essere – banale dirlo – un riflesso di chi siamo: amore e odio, scaltrezza e rettitudine, violenza e pace, equità e disuguaglianze.

Sospesi tra Eros e Thanatos (spinta creativa di crescita e spinta aggressiva di disorganizzazione e distruzione), coi quali da tempo immemore facciamo i conti, forse potremmo evitare di trasferire responsabilità e passioni su una macchina che immaginiamo minacciosa, come fosse altro da noi, rimettendo l’accento sulla sostenibilità e sulle opportunità di sviluppo dell’intelligenza… umana!

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