L’insonnia della ragione genera mostri

Un meme che usa come template la nota striscia con il cervello che parla alla ragazza che tenta di dormire. Nella prima vignetta il cervello, rosa, con occhi spalancati, guardando verso il basso e fluttuando in uno spazio di un rosa più chiaro, dice: "Il sonno della ragione genera mostri."; nella seconda la ragazza, a letto, sotto le coperte, nella penombra, con gli occhi chiusi, un po' scocciata risponde: "Anche la sua insonnia."; nella terza, graficamente identica alla prima tranne per l'espressione del cervello, ora un po' sconvolta, dice: "Come faccio, sbaglio: addio."; la quarta è graficamente identica alla seconda, tranne per il fatto che ora anche la ragazza ha gli occhi spalancati in un'espressione un po' sconvolta.

Sempre alla ricerca della ragione, della spiegazione, della razionalità, ci ritroviamo inevitabilmente ad avere a che fare con tutto ciò che non possiamo controllare, che è emozione, viscere e vita

«Finalmente ho capito!»: quante volte abbiamo esclamato frasi simili. Lyu Tang, nel suo libro L’importanza di capire, rende con parole sicure e chiare la sensazione di essere attirati su un terreno sicuro e protetto tutte le volte che la ragione trionfa, tutte le volte che, in qualche misura, sentiamo di aver messo in sicurezza un angolo della mente nel quale albergava una domanda che non aveva ancora ricevuto una risposta.

Tutto il percorso di crescita, almeno in una prima parte della nostra vita, è una ricerca affannosa di spiegazioni, teorie, dimostrazioni razionali, che continuano a rendere sempre più sicuro il mondo in cui viviamo. Poi, un mattino, ci svegliamo con un cerchio alla testa, una strana inquietudine, e sentiamo che in realtà il mondo di prima, quello della razionalità, quello del “capire”, non è il solo mondo che abitiamo: che ce ne sono altri, veri di notte e falsi di giorno, come direbbe Faber, ma che assediano quello più sicuro che abbiamo faticosamente costruito.

Il procedere sicuro della ragione, il partire da presupposti per approdare a conseguenze, il sillogismo, il logos, tutte queste cose non danno conto di esperienze umane come l’amore, la vertigine dell’orgasmo, l’appetito di emozioni, la fame di relazioni e poi le paure, le angosce, la «caro autem infirma» di Cristo che si prepara alla croce.

Avendo l’onore di stare al fianco di persone che quotidianamente combattono con il mondo delle emozioni, condividendo fatiche, umori, sudori, allora mi sembra che davvero dopo aver messo in sicurezza il mondo con la ragione ci tocca espatriare per conquistare la pienezza che non può che essere la cittadinanza del mondo delle emozioni, un mondo senza regole, con un governo a maggioranze variabili, dove può succedere tutto in un attimo o nulla per secoli. Sto parlando non solo per le persone che cerco di aiutare, ma prima di tutto per me, per la comunità alla quale appartengo: amici vale la stessa regola, dopo aver messo in sicurezza la casa con teorie, costrutti, criteri diagnostici e quant’altro, non ci rimane che cercare di entrare nel mondo-della-vita (lebenswelt), mettere le mani nelle viscere, ascoltare invece di osservare, comprendere al posto di capire.

«Ci sono giorni che durano anni e anni che durano un giorno» (W. U. Lenin), e dunque che si viva con l’inquietudine, che non si rinunci alla continua battaglia del convivere con il mal di pancia e che la strada venga percorsa con la schiena dritta, lo sguardo sereno e indomito di chi accetta di “non avere l’arma che uccide il leone”.

A conti fatti, una vita fatta solo del primo mondo, di ascisse e ordinate, di conti che tornano sempre, di geometrie euclidee, sarebbe davvero inospitale, fredda ed esiziale. Se è vero, come ci dice Francisco Goya, che «il sonno della ragione genera mostri», possiamo sommessamente belare che anche «l’insonnia della ragione genera mostri».

Dunque, starà a noi decidere se sentirci sicuri o osare l’impossibile.

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