La formula dell’oracolo di Delfi, secondo Salvatore Natoli, apparirebbe oggi profondamente inattuale. L’invito del dio greco a risalire alla radicedella nostra vocazione è soffocato da altre voci. Rumorose e dunque, almeno sulle prime, vincenti. Non ci è più chiesto di sapere chi vogliamo essere. Ci è imposto di dimostrare cosa sappiamo fare. La competenza prevale sull’esistenza, come la competizione prevale sulla collaborazione.Così, abdichiamo alla responsabilità di prenderci cura dei nostri talenti e all’impegno di farli fruttare, tanto nella sfera della realizzazione di sé quanto in un’ottica di relazione e di dono. E allora magari ci lamentiamo, ci pensiamo vittime di meccanismi oscuri, ci sentiamo stritolati da attese e da pretese. Forse però tutto questo ha i suoi vantaggi. Conoscere chi siamo davvero implica infatti prendere sul serio la nostra origine, assumere il peso della cifra unica che abbiamo ereditato – qualunque essa sia – e decidere come trasformarla in una traccia del nostro passaggio nel mondo. Che paura ci fa tutto questo? Meglio continuare a correre e concorrere, fantasticando su immaginari premi di consolazione. 2022-05-31