D’estate un film giusto può sostituire lo psicologo

photo of an old movie projector

Guida semiseria di filmoterapia per le vacanze

Il vostro psicologo è in vacanza o il vostro analista è partito per i consueti due mesi di ferie lasciandovi in balia del caldo e delle angosce estive? Vi sentite abbandonati o avvertite il timore che le manie, le fobie, i pensieri disfunzionali prendano il sopravvento?

Non preoccupatevi: la soluzione è al cinema. O meglio, direttamente sul divano di casa vostra. Mettetevi comodi, individuate qual è il disturbo che vi affligge e vi proponiamo la cura.

Ecco la prima puntata della nostra guida semiseria di “Filmoterapia estiva”.

Paura del nuovo? Ascoltate il richiamo…
Darwin ci aveva già messo in allerta: un po’ di cambiamento fa bene all’adattamento, pena la mancata sopravvivenza. Se il nuovo spaventa, se ci si sente sicuri solo al riparo di vecchi schemi e situazioni statiche, di cui però ci si lamenta senza fine, il film che può salvare dalla noia esistenziale è Bagdad Café, di Percy Adlon (un film d’annata, 1987). Una improbabile turista tedesca approda in un Motel-bar piuttosto malmesso, nel deserto dell’Arizona. Il locale, attraversato da una pesante sonnolenza e incuria, si trasformerà in un luogo deterso e vitale! Grottesco e tenero, il film ha come colonna sonora la notissima Calling you, che non mancherà di sottolineare che qualcosa di nuovo ci sta chiamando… I’m calling you/ Can’t you hear me?/ And I can feel a change is coming.

Vi terrorizza tutto ciò che è diverso? Fate un giro al circo dei fenomeni da baraccone
A proposito dello straniero, non possiamo non citare la xenofobia: se siete angustiati da questa paura, francamente di moda, che comprende la paura del diverso, dell’estraneo, vi consiglio un musical del 2017: The greatest showman, diretto da Michael Gracey. Siamo nella prima metà dell’Ottocento e assistiamo alla scommessa dell’impresario Phineas Barnum, interpretato da Hugh Jackman, che dal nulla inventerà lo spettacolo circense, raccogliendo intorno a sé gente di colore, persone affette da anomalie fisiche, strani fenomeni da baraccone, come la donna barbuta o i gemelli siamesi. Osteggiato e amato, Burnum, come un ciclone inarrestabile, investirà ipocrisie e barriere umane utilizzando musica (Golden Globe alla migliore canzone, This is me) e coreografie. Se ve lo state chiedendo, il refrain della canzone This is me parla alla xenofobia con queste parole: «Sono coraggiosa, sono ferita. Sono ciò che devo essere, e non chiedo scusa: questa sono io». Posso capire: il musical non è il vostro genere… allora fate qualcosa di diverso, guardatevi il film!

Fobia degli aerei e del volo: partite sereni, con Clint Eastwood. Oppure no…
Estate, tempo di viaggi. Lo so che qualcuno di voi là fuori è terrorizzato dall’idea di salire su un aereo: si chiama aereofobia, manco a dirlo, ma credo possa rassicurarci sapere che un pilota, Mr. Chesley Burnett Sullenberger, realmente esistito, ha salvato, nel 2009, 155 persone (i passeggeri e l’equipaggio di un aereo di linea, partito da New York), ammarando sul fiume Hudson, con una manovra che aveva dell’eccezionale. Clint Eastwood racconta momento per momento l’inchiesta che, nonostante tutto, ha coinvolto il pilota-eroe, interpretato da un canuto Tom Hanks. Il film è Sully, 2016. Non vi ho convinti, vero? Potete allora andare in aereoporto e restare a terra, come fa Viktor – l’attore è ancora Tom Hanks e siamo sempre a New York. Il protagonista, a causa di un problema burocratico, rimane intrappolato per mesi in un paradossale spazio-tempo, o come direbbe l’antropologo Marc Augé un non-luogo, in cui però riuscirà a farsi una vita! Siamo nelle mani di Spielberg con il suo The Terminal e penso che guardarlo possa essere un primo passo per farvi venire la voglia di volare, quantomeno per ritornare a casa!

Soffrite di bassa autostima? La cura è un’ora e mezza con Tim Burton
Tim Burton, visionario regista che abbiamo amato in Edward mani di forbici e nel più recente Miss Peregrine, ci può traghettare verso il superamento di un grande classico disfunzionale: la bassa autostima. E lo fa grazie al suo Big Eyes, tratto da una storia vera: siamo nell’America degli anni ’50 e ’60 e la pittrice Margaret Keane crea un piccolo personale impero economico dipingendo ritratti di donne, bambini e animali con grandi occhi. Il successo di pubblico e critica è enorme. C’è solo un piccolo problema: è il marito della Keane a firmare tutti i quadri, prendendosi onori e fama, millantando la propria inesistente creatività e nascondendo fraudolentemente il talento della moglie. Margaret accetta la situazione, finché dopo un ventennio decide di ribellarsi, rivela la truffa e a suon di battaglie in tribunale ottiene la maternità delle proprie opere. Come dire: bassa autostima? Dai! Non perdetevi la vostra grandezza!

La paura della morte si supera truffandola
Non ho ancora parlato della morte, che per noi Occidentali rappresenta un tabù, un pensiero che è meglio accantonare (non si sa mai che porti male). Necrofobia e tanatofobia vanno a braccetto anche se sono due paure diverse: la prima fa riferimento alla paura di fronte alla vista di un cadavere; la seconda invece è la paura eccessiva legata alla propria mortalità. Certo, messe insieme ci fanno rabbrividire. Vi consiglio allora la visione di Svegliati Ned, annata 1998, regia di Kirk Jones: in un paesino irlandese la fortuna, sotto forma di biglietto milionario della lotteria, bussa alla porta di Ned, anziano signore che appresa la notizia, muore sul colpo, in casa da solo. Scoprono il cadavere due concittadini che decidono di riscuotere comunque il premio, tenendo nascosta la morte di Ned al funzionario addetto ai pagamenti. Tutto il paese, meno di un centinaio di anime, è d’accordo con la truffa, salvo una rancorosa vecchietta. Sì, avete capito bene, è la storia di una truffa e, a pensarci bene, ad esser truffata è proprio lei, la morte! Solo per questo vale la pena vederlo; tra l’altro qualche scena è davvero esilarante, compreso un… macabro colpo di scena finale!

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