ORMAI IMPRESCINDIBILE: SAPER COSTRUIRE FIDUCIA

La fiducia non si dà. La fiducia si costruisce. Ma come?

Karla, splendida straniera ormai figlia acquisita della Bombay vera, posa il bicchiere sul tavolo e alza lo sguardo, perdendolo tra i tavoli affollati del Leopold Cafè: “sai, Lin, in India per vincere bisogna sapersi abbandonare”.

(Storia tratta dal romanzo Shantaram, G.D.Roberts).

Abbandonarsi è lasciarsi in potere di qualcosa, di qualcuno.

Osservo quanto sia complicato.

Chi ci dice che quel potere sia pericoloso?Perché non fidarsi? E, soprattutto, di cosa ho bisogno per costruire fiducia?⁣Perché non sospendere per un attimo la nostra “abilità di rispondere” (la tanto richiamata responsABILITY) e accettare di accogliere semplicemente l’altro che fa per noi?⁣Succede quando non riusciamo a delegare uno spillo di attività, né in casa, né a lavoro. O, forse peggio, assegniamo compiti per poi voler controllare ogni passo operativo togliendo il fiato al povero esecutore.

Succede quando chiediamo consulenza ad un esperto e poi cerchiamo su internet conferma delle informazioni ricevute. ⁣

⁣Succede quando visitiamo nuove città e ci perdiamo il volto dei passanti, l’odore di frittelle nelle strade o il sole che batte sulla finestra illuminando le abitudini di quella gente perché il nostro naso è incollato alla cartina, alla LonelyPlanet o, peggio, al navigatore.⁣

⁣Costruire fiducia è il primo passo per “sapersi abbandonare”.⁣

⁣E allora…⁣

⁣Lavoriamo per conoscere di quali punti fermi abbiamo bisogno per costruire fiducia. Con le persone, con le istituzioni, con l’imprevisto, con l’errore, con un luogo.⁣

Io, per fidarmi delle persone, ho bisogno di intimità. Per fidarmi delle istituzioni ho bisogno di valori condivisi. Per fidarmi dei miei errori ho bisogno di sentirmi competente. Per fidarmi dell’imprevisto ho bisogno di leggerezza. Per fidarmi di un luogo ho bisogno di bellezza.⁣

Una volta che conosci i tuoi punti fermi puoi focalizzare la ricerca, puoi chiederli esplicitamente, puoi cercare di ottenerli.

E, così, abbandonarti.

⁣NOTA

A proposito di sapersi abbandonare: sto approfondendo un concetto giapponese, la parola che lo racchiude è amae. Amae è quella sensazione di vulnerabilità mista a piacere che si prova quando ci si abbandona a qualcuno o qualcosa. Pensate a quando cadete inermi tra le braccia di una persona cara dopo una giornata estenuante. Quella sensazione si chiama amae. I giapponesi provano amae non solo per le persone care, intime, ma è un’emozione socialmente molto più diffusa. Questo implica il loro sapersi abbandonare con maggior naturalezza e il loro saper accettare la cura dell’altro senza il dovere della gratitudine (e, l’altra faccia della stessa medaglia, curare l’altro senza pretendere gratitudine).

Per approfondire potete leggere The Anatomy of Dependence

Pubblicato già su: https://www.altuopasso.com

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