APPROFITTIAMO DELL’EMERGENZA PER DISINTOSSICARCI DAL CONSUMISMO

L’invito del Papa a recuperare l’intimo e vero significato del Natale può essere raccolto anche dai laici

L’esortazione di Papa Francesco nell’ultima Udienza Generale, quella del 16 dicembre, è di affrettare il passo verso il Natale, recuperandone l’intimo e vero significato. Che le restrizioni e i disagi a cui ci richiama Conte con il suo DPCM dedicato, possano essere un’occasione per celebrare la Nascita di Gesù, “purificando il modo di vivere questa festa”. L’invito è “uscire dal consumismo” e ritrovare uno spirito religioso, autentico e vero, anche attraverso la preghiera, che è non un atto “decorativo” o individuale, ma è un gesto di intercessione verso i propri fratelli. Chi prega per sé, prega per tutti, anche per coloro che non credono.  

Molto laicamente, mi chiedo se abbiamo compreso queste parole, se ne conosciamo il senso profondo e il posto che occupa nelle nostre vite. Le nostre feste dovranno essere più intime, forse più silenziose, per molti obbligatoriamente  all’insegna di una minor abbondanza, eppure immaginare una rilettura del Natale in chiave più religiosa sembra  difficile. Da una parte, perché recuperare la normalità consumistica, per quanto illusoria e momentanea, rassicura e consola; protegge dall’ansia e dalla paura, mettendole per un poco sullo sfondo. Dall’altra, perché da 11 mesi a questa parte, abbiamo letteralmente perso la possibilità di celebrare riti fondamentali, di passaggio, di saluto ai nostri cari, di nuove unioni e le feste legate al Natale (i pranzi, i cenoni, i raduni, i calici alzati) rappresentano il tentativo di riparare una perdita in alcuni casi lacerante e comunque dolorosa.

Allontanando lo sguardo dal fronte religioso e dall’esortazione papale, ci imbattiamo in un altro invito, di tenore simile, a mio parere: un mònito rivolto, però, soltanto all’uomo, guardato in tutta la sua complessità, homo sapiens e demens, portatore di grande forza generativa e distruttiva. 

Edgar Morin, filosofo e sociologo che ha attraversato un secolo di storia, sopravvissuto alla spagnola nelle sue prime ore di vita, nel sottile Cambiamo strada. 15 lezioni del coronavirus, richiama ad una progressiva riforma in più campi, ecologico, sociale, politico, culturale, umano. 

Anche in questa densa analisi si parla di disintossicazione consumistica, in favore non tanto di un’austerità triste, ma di un’economia che da più parti viene definita generativa, in cui qualità e salute siano linee guida fondamentali. La leva, secondo il filosofo, è quella di “promuovere una dialettica costante tra l’Io e il Noi”, perché non può esserci un’evoluzione personale che non tenga conto di una trasformazione sociale e viceversa. Responsabilità e solidarietà sono le parole chiave. 

Se davvero questa crisi globale ci dà una lezione, mi pare che sia condensata in indicazioni di ugual segno, che giungano dalla religione, dalla filosofia, dalla sociologia, dall’economia: occorre rinnovarsi.

Dice sempre Morin: “in ogni essere umano, in ogni società umana, esistono qualità rigeneratrici allo stato latente, o inibite. Si tratta di esprimerle e, da questo punto di vista, ogni crisi attualizza queste qualità”. 

Eppure, oggi, ancora in piena crisi, siamo discenti poco attenti, chiacchieriamo con il vicino di banco, non ci segniamo i compiti a casa, ripetiamo i medesimi errori e fingiamo di non ascoltare segnali dalle conseguenze importanti. Rifiutiamo passaggi trasformativi perché la sfida è troppo grande? O siamo ancora impegnati a leccarci le ferite, tra incredulità e rabbia? 

Non so rispondere: forse entrambi gli atteggiamenti sono concomitanti.  

Può essere utile ricordarci di cosa siamo stati capaci in questi 11 mesi “di lezione”, quali mostri abbiamo incontrato lungo la via, cosa ci ha dato conforto nel dolore, quali arresti regressivi abbiamo vissuto e di che grande potere disponiamo. Per superare l’esame, per essere promossi occorre  tuttavia trovare ora una nuova spinta, per cominciare la progressiva riforma a cui ci invita Morin. Per dirla poeticamente, “Nascere non basta / E’ per rinascere che siamo nati. / Ogni giorno” (Pablo Neruda) 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *